Torna l’inverno e torna il problema dell’inquinamento nelle grandi città.
Quello che mi fa innervosire è il fatto che, tutte le volte, viene dato colpa del fenomeno al traffico automobilistico. D’accordo che d’inverno, per il freddo ed il maltempo, le persone tendono ad usare più l’auto rispetto a mezzi alternativi (ciclomotori, biciclette, ecc…) ma, come confermano le miriadi di studi pubblicati negli ultimi anni, le automobili sono responsabili di una minima parte dell’inquinamento delle città. Quasi la metà del fenomeno è imputabile agli scarichi dei riscaldamenti condominiali a gasolio, impianti che non sono dotati se non in piccolissima percentuale, di filtri per abbattere le emissioni inquinanti. E coloro che pagano sono sempre gli automobilisti.
Di soluzioni intelligenti, sinceramente, non se ne vede neanche l’ombra, quasi che i nostri politici siano sordi e ciechi a quello che gli esperti del settore scrivono. Mi domando come si possa continuare ad effettuare l’anticostituzionale blocco della circolazione dei veicoli più vecchi con dati scientifici alla mano che dimostrano come questo provvedimento non serve a nulla: spesso, nei giorni di blocco del traffico, si sono registrati in molte città i picchi più alti di polveri sottili, gli inquinanti che i nostri politici vorrebbero debellare bloccando le automobili.
Le polveri sottili, che sono di varia dimensione e vengono classificate in base al loro diametro come PM10 (10 micron di diametro), PM5 (5 micron) e PM2,5 (2,5 micron), sono sì prodotte da ogni tipo di combustione (quindi, dalla benzina al gasolio alla legna ecc…) ma sono anche, e per la maggior parte, di origine naturale: basta stare vicini al mare (salsedine), nei pressi di montagne (sgretolamento roccioso), o ai confini di una spiaggia (sabbia), che le polveri sottili, in presenza di vento le diffonde, salgono a dismisura. Inoltre, nessuno pensa di spegnere i riscaldamenti condominiali a gasolio o carbone (quei pochi che ancora esistono): sarebbe una soluzione assolutamente impopolare. E come fare ad imporre l’uso di filtri a detti impianti? Come imporre ai condomini l’acquisto di questi dispositivi? Impossibile. Molto più semplice bloccare le auto più inquinanti. Peccato solo che i cosiddetti veicoli “Euro 0” sono ormai una piccolissima percentuale e fermarli contribuisce a diminuire l’inquinamento di una percentuale prossima allo zero! Con gli Euro 1 siamo sugli stessi livelli: sono pochi (considerate che sono solo i veicoli immatricolati fino al dicembre 1996) ed il loro blocco non porta praticamente nessuna variazione apprezzabile.
Rimangono gli Euro 2, immatricolati dal 1997 al gennaio 2001, e poi gli Euro 3 ed Euro 4. I primi ed i secondi sono la gran parte dei veicoli circolanti, dato che anche adesso molte auto continuano ad essere immatricolate come Euro 3, nonostante la tecnologia permetta di far rispettare ad un motore le emissioni stabilite per l’Euro 4. Stranamente, però, l’obbligo dell’omologazione Euro 4, non è stato ancora introdotto, nonostante il problema inquinamento cresca ogni anno sempre più. Cosa può significare questo? Che anche nelle stanze decisionali si sa che l’inquinamento prodotto da questi veicoli è relativamente basso, per cui attendere ancora un po’ non porta sostanziali peggioramenti.
Che soluzioni potremmo adottare, nel frattempo? Beh, la strada ci viene mostrata da Paesi che, spesso, sono considerati tecnologicamente inferiori a quelli cosiddetti occidentali. In Brasile, per esempio, sono anni che alla pompa è possibile utilizzare un carburante sostitutivo della benzina costituito prevalentemente da alcool etilico, ottenuto per fermentazione della canna da zucchero: per poter essere usato il motore deve uscire già dalla fabbrica modificato per questo tipo di carburante ma questo, ovviamente, è un problema tecnico risolvibile molto semplicemente. Altrove, Germania ed Austria, alla pompa un automobilista con un motore a ciclo Diesel può fare il pieno di biodiesel, un carburante di origine completamente vegetale ottenuto per esterificazione di oli vegetali (soja, colza, girasole). A differenza dell’etanolo, questo carburante può essere utilizzato senza nessuna modifica in qualunque motore Diesel. Questo perché il processo di esterificazione serve a togliere dagli oli vegetali le paraffine, sostanze grasse che rendono l’olio più viscoso del gasolio (quindi più difficilmente pompabile da parte delle pompe gasolio delle auto, con rischi di rotture sulle autovetture molto recenti con impianti di alimentazione sofisticati quali il common-rail) e che, con il freddo, tendono a solidificare tappando l’impianto ed impedendo l’avviamento a freddo, con possibili rotture degli organi più delicati dell’impianto.
Perché non ho trattato il GPL od il metano, come fonti energetiche alternative alla benzina od al diesel come carburanti per autotrazione? Per il semplice motivo che sia il GPL (che comunque si ottiene dal petrolio: infatti GPL sta per “Gas di Petrolio Liquefatti”) sia il metano sono anch’essi carburanti di origine fossile. Che significa? Significa che il petrolio ed il metano non sono prodotti recentemente ma si sono formati decine di milioni di anni fa, quando la Terra era abitata dai dinosauri e ricoperta da immense foreste. Le piante, via via che morivano, cadevano a terra e poi venivano ricoperte da sedimenti. Questo processo, durato milioni di anni, ha creato enormi depositi sotterranei di materiale organico (i tronchi degli alberi) che, attaccati per un tempo altrettanto lungo da batteri anaerobi, ha portato la formazione di quello che ai giorni nostri sono il petrolio ed il gas metano. Mi potreste chiedere: ed a noi cosa importa sapere tutto questo? Ce ne deve importare, invece, dato che tutto il discorso dell’inquinamento verte principalmente su un elemento: l’anidride carbonica. L’anidride carbonica (conosciuta anche con l’inglesismo “biossido di carbonio”) è un gas di formula chimica CO2 (la formula significa che 1 atomo di Carbonio, indicato da C, si lega a 2 atomi di Ossigeno, indicato da O) che si forma dalla combustione di qualsiasi sostanza di origine organica ed è il principale responsabile dell’effetto serra, il fenomeno responsabile del riscaldamento del pianeta. Questo perché l’anidride carbonica è un gas che fa passare i normali raggi solari, quindi il calore proveniente dal sole può giungere fino a terra, ma diventa uno schermo impenetrabile per i raggi infrarossi: i raggi infrarossi sono raggi che vengono emessi da qualunque corpo riscaldato, anche la superficie terrestre. Quindi, quando la superficie terrestre viene riscaldata dal sole, questa emette raggi infrarossi: siccome, però, l’anidride carbonica nell’atmosfera è in aumento, diminuisce anche il calore che il nostro pianeta disperde verso lo spazio dato che una parte sempre maggiore di questi raggi infrarossi viene riflessa nuovamente verso la superficie, andando ad innalzare ulteriormente la temperatura.
I carburanti di origine fossile entrano in questo ciclo in maniera molto semplice. Le piante che hanno originato il petrolio ed il metano avevano un ciclo vitale identico a quello delle piante attuali: una pianta sopravvive grazie alla fotosintesi clorofilliana, da cui trae l’energia necessaria per la sua vita. Durante questo ciclo, grazie all’energia solare, nelle foglie la clorofilla (il pigmento verde che è responsabile del colore caratteristico della vegetazione) l’acqua assorbita dal terreno viene combinata con l’anidride carbonica prelevata dall’aria per formare una molecola di glucosio (uno zucchero semplice) e, come prodotto di “scarto”, ossigeno. Lo zucchero viene immagazzinato dalla pianta come fonte di energia e come materiale di costruzione della cellulosa, mentre l’ossigeno viene liberato nell’atmosfera. Quindi, una pianta consuma anidride carbonica per produrre l’ossigeno, che serve alla vita di tutti gli altri esseri viventi. Sono state le piante che nel corso di milioni di anni hanno purificato l’aria del la Terra dai grossi quantitativi di anidride carbonica presenti nell’atmosfera primordiale ed hanno prodotto un pianeta vivibile. Queste piante avevano però un ciclo vitale, per cui nascevano, vivevano e poi morivano. Quando morivano, l’anidride carbonica che avevano assorbito dall’atmosfera era immagazzinata dentro di loro come cellulosa. Durante i milioni di anni in cui sono rimaste sepolte sotto terra, i batteri che hanno attaccato la loro struttura hanno trasformato la cellulosa in composti sempre più complessi, ottenendo gli idrocarburi che costituiscono il petrolio attuale. Estraendo il petrolio e poi bruciandolo si produce una serie di sostanze, tra le quali è presente l’anidride carbonica perché, come abbiamo detto in precedenza, dalla combustione di qualunque sostanza di origine organica si ottiene questo gas. Bruciando il petrolio ed i suoi derivati benzina e diesel, però, si va a reimmettere nell’atmosfera l’anidride carbonica che è stata tolta dall’aria milioni di anni fa, con la conseguenza che stiamo pian piano ricreando il clima presente all’epoca dei dinosauri, un clima molto più caldo rispetto a quello attuale, adatto per una fauna ed una flora che non è quella attuale.
Come può l’utilizzo di carburanti di origine vegetale aiutare a contrastare questo processo? Semplicemente perché se io brucio al posto del gasolio l’olio di colza oppure al posto della benzina l’etilene (o alcool etilico) io vado a reimmettere nell’atmosfera l’anidride carbonica che la pianta di origine ha tolto oggi dall’aria, non milioni di anni fa. Il bilancio di CO2 è, quindi, assolutamente uguale a zero. Si ha inoltre un altro notevole vantaggio: la combustione di un biocarburante non produce tutta quella serie di sostanze cancerogene che si hanno invece dalla combustione di carburanti fossili quali benzina e diesel, composti da miscele di diversi idrocarburi. Si ha perciò un abbattimento anche di tutti quei gas velenosi che sono presenti nell’aria delle grandi città.
Ma se la soluzione è così semplice perché i nostri politici non si muovono in tale direzione? Perché gli interessi economici delle grandi industrie petrolifere sono enormi, come enorme è il loro potere. Indirettamente, possono piegare un Paese al loro volere semplicemente aumentando alle stelle il costo del petrolio raffinato. Pensate che i Paesi occidentali basano per l’80% il trasporto delle merci su gomma, cioè su TIR e camion che vanno a gasolio, e che Paesi come l’Italia, che hanno abolito il nucleare come fonte energetica, producono l’energia elettrica per il 90% bruciando petrolio, carbone e gas metano. Basta vedere cosa è successo quest’inverno quando la Russia aveva ridotto il gas naturale che esportava. Siamo nelle mani di pochi potenti che producono ricchezza vendendo sostanze mortali. Anche il Governo, comunque, fa la sua parte non permettendo di vendere liberamente i biocarburanti ai privati. In Italia esiste a tutt’oggi solo 1 impianto aperto al pubblico di biodiesel, e si trova in Nord-Italia, vicino al confine con la Svizzera, in provincia di Novara: un altro impianto era presente in Umbria ma ha chiuso da poco per mancanza di clienti! Questo perché sui carburanti ci sono le accise, tasse dello Stato che non hanno ragione di esistere! Pensate che sulla benzina che acquistate, il 70% del costo alla pompa va in ridicole tasse messe dallo Stato e mai tolte: ad esempio, finanziamo ancora la guerra in Abissinia del 1935, sosteniamo l’intervento per l’alluvione di Firenze del 1966, finanziamo i soccorsi per il terremoto dell’Irpinia del 1980, la guerra in Bosnia del 1996 e l’aumento dello stipendio per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004! Queste tasse, che lo Stato mette periodicamente sui carburanti come “una-tantum” e che poi diventano invece “semper-tantum”, devono essere applicate su ogni tipo di sostanza che può essere bruciata all’interno di un motore. Ecco quindi che i vantaggi dell’utilizzo di sostanze vegetali per produrre biocarburanti vanno ad essere annullati quasi del tutto dai balzelli statali. Avere un carburante ecologico che fosse anche economicamente competitivo porterebbe molta gente ad utilizzarlo non solo per motivi ambientali ma anche di bilancio familiare mensile: ma lo Stato, ovviamente, ci perderebbe in entrate. Gravarlo di accise porta ad avere un costo alla pompa di poco inferiore a quello dei carburanti fossili. Inoltre, come detto, lo Stato non permette la vendita di biodiesel, che viene prodotto normalmente in Italia perché, per imposizione europea, una piccola percentuale (troppo piccola, purtroppo! siamo nell’ordine dell’1-2%) deve essere introdotta nel gasolio, ai privati cittadini: al momento, quasi esclusivamente le aziende di trasporto pubblico lo possono utilizzare. Ah, ovviamente il biodiesel potrebbe essere utilizzato senza problemi negli impianti di combustione dei condomini: basterebbe la volontà di farlo.
Insomma, la situazione è drammatica: avremmo le risorse per poter ridurre l’inquinamento semplicemente utilizzando carburanti a minor impatto ambientale ma scelte di natura politica ed economica ci impediscono di farlo.
Fortunatamente, ci sono persone che si battono per questo e, rischiando in proprio (si tratta di evasione fiscale perché non sono corrisposte le suddette accise allo Stato), utilizzano nei loro motori etanolo e olio di semi al posto dei carburanti fossili. La classica goccia nel mare ma, comunque, un esempio di buona volontà.